29 luglio 2011

Stage Luis Mochon Shidoin

Se qualcuno di voi si trovasse a Malta a inizio ottobre, o volesse visitarla o,più semplicemente, avesse voglia di fare del buon Aikido fuoriporta, questa è proprio un'ottima occasione! :)

"C'era una volta..." (Un'antica storia zen, raccontata a modo mio)

...e su un blog che si chiama Aikido Vivo cosa volete che ci fosse?
Un samurai, ovviamente!
Un samurai, dicevamo, che abitava da solo, in una casa modesta.
Un giorno un topo, ma di quelli del genere "Pantegana Chiavicus", si infilò in casa sua.


Per quante scope potesse spezzare, il povero samurai non riuscì a liberarsi del fetido sorcio.
Provò a rincorrerlo in ogni maniera, bestemmiando ogni divinità, ma senza successo.




Frustrato nell'orgoglio, decise di rivolgersi ai vicini perché gli prestassero un gatto per fare il lavoro sporco.
Ognuno dei solerti dirimpettai si affannò a tessere le lodi del proprio felino, vantandone di volta in volta l'assoluta infallibilità.
Il primo gatto a provarci fu il Gatto Tigrato.


Nonostante i rumori, il caos e la distruzione di svariate suppellettili,sulla falsariga delle risse alla Bud e Terence, il gatto dovette arrendersi miseramente.




Così intervennero il gatto Fulvo, quello Nero e quello Peloso.


Avete presente "Il Buono, Il Brutto ed il Cattivo"?

Bene. Mischiatelo con Tom e Jerry ed avrete una mezza idea di ciò che successe.

Non dico che il topo ebbe vita facile, anzi.

Un paio di volte finì pure con la schiena al muro....
Ma alla fine ebbe la meglio ed i tre cacciatori, malconci, stanchi ed affamati, non poterono che accasciarsi al suolo in segno di resa.



Ormai sconfortato, il samurai si era già rivolto alla Tecnocasa dell'epoca per trovare un nuovo alloggio, quando gli consigliarono di fare un'ultima prova.
Un vecchio gatto che, assicuravano,aveva una tecnica infallibile.

Il samurai non nutriva nessuna speranza nel vecchio e spelacchiato micione, che non poteva riuscire,oggettivamente, laddove i giovani e forti cacciatori del quartiere avevano fallito.
Il vecchio gatto, nello stupore generale, entrò dalla porta  e si sedette.




Il topo incuriosito, si avvicinò per capire dove fosse il trucco e cosa mai potesse sperare di fare un vecchio felino arruffato.
Appena fu a tiro, semplicemente, il gatto lo afferrò.
Senza rumore, senza casini.
Senza neanche guardarlo, gli appoggiò una zampa addosso.




Dopo i festeggiamenti, il samurai, a metà tra l'eccitato, lo stanco ed lo squartato di sakè , vide che i gatti si erano riuniti in assemblea e che ognuno di loro chiedeva consiglio all'anziano vincitore.
Il tigrato disse: "Sono anni che mi alleno costruendo il mio corpo. I miei muscoli sono forti ed i miei addominali sono più scolpiti di quelli di Vin Diesel.  Faccio palestra 6 volte a settimana, prendo amminoacidi e mangio solo petto di pollo. Perché ho fallito??"




Ed il vecchio rispose " Primo: smettila con gli steroidi, che si sgonfia il saccottino. Secondo: quanto vantaggio puoi trarre da un corpo forte se non sai come servirtene? I muscoli gonfi e la tartaruga sull'addome ti aiuteranno in spiaggia, ma se non prendi coscienza di cosa il tuo corpo può effettivamente fare, di come può muoversi e di quali sono le sue potenzialità, il tuo allenamento è tempo sprecato!"

Non vi dico la faccia del bisteccone, adirato e mortificato non aveva più il coraggio di guardare  i presenti negli occhi!



Il Nero prese la parola: "Sono molti anni che ho compreso l'importanza della velocità d'azione. Essere più rapido del tuo avversario ti permette di attaccarlo senza difese, in maniera imprevedibile e di coglierlo sempre di sorpresa! Oggi mi reputo il gatto più veloce del West. Posso correre chilometri senza perdere velocità e riesco a passare dal silenzio all'azione in meno di un istante.


 Eppure quel topo sembrava prevedere i miei movimenti, era sempre un passo avanti a me e precedeva i miei assalti senza affannare!"




Il Vecchio lo guardò. "E' vero. Essere più veloce ti da un grosso vantaggio. Ma solo quando il combattimento viene incentrato sulla velocità. Occupato com'eri a battere il record dei 100 metri hai tralasciato la possibilità che l'avversario ti affrontasse entrando nel tuo ritmo e cadenzandolo secondo le sue esigenze.


Quella pantegana la sapeva lunga e difronte a lei, la tua velocità contava molto poco!"




Il Gatto Fulvo esplose: "Ed io allora?Sono anni che approfondisco ogni parametro delle tecniche, acquisendo ogni dettaglio e formandomi, nel tempo, un pacchetto di conoscenze infinito?? Conosco la forma Forte e quella Cedevole, conosco ogni variazione possibile di ogni tecnica esistente , sembro il Wikipedia delle arti marziali, eppure di fronte al sorcio ero un burattino!"





Il Vecchio sputò per terra.

"Calmati, Rosso. Le azioni che credi di conoscere, con tutte le loro variazioni, sono le sbarre della gabbia che ti imprigiona.
La tua mente cerca di schematizzare ogni momento del combattimento e ti affanni a cercare ad ogni situazione una carta del tuo mazzo di tecniche che possa rispondere a dovere.
Questo ti rende macchinoso, lento e poco spontaneo. Sei disattento a come la vita cambia mentre cerchi affannosamente la giusta risposta, e mentre scegli tra una variante ed un'altra, l'avversario ha già cambiato, ti ha già attaccato ed è già andato a segno.
La tecnica è uno strumento per comprendere delle meccaniche.
Quando queste sono chiare, essa deve essere dimenticata e deve lasciare spazio all'azione spontanea."





Quando il tecnico uscì sbattendo la porta,fra mille improperi,  il Peloso chiese parola.

"Ho formato il mio corpo nel tempo, l'ho reso forte e veloce. Ho imparato le sfumature della tecnica e le ho trascese,una dopo l'altra.
Ho capito che il segreto del combattimento è nel Ki, nell'energia che scaturisce dall'unione del corpo e della mente, quando la sensazione diventa azione e la volontà è assente.


Eppure, il mio Ki non era sufficiente a fermare quel topo, che sembrava non accorgersi nemmeno della mia presenza!"





Il Vecchio si alzò in piedi.

"Il Ki rappresenta uno stadio elevato della formazione ma non è il massimo livello. Finchè cerchi di servirtene in maniera consapevole, come se fosse un'arma al tuo servizio, esso sarà solo uno specchio per il tuo Ego. Ti sentirai figo e superiore e guarderai gli altri come se fossero più in basso di te.

Ma finchè non li percepirai come tutt'uno con te, il tuo Ki non fluirà fuori spontaneamente e con potenza ed in maniera appropriata.



Il Ki non si usa. Il Ki si esprime inconsciamente.



Quando sono entrato nella stanza, sono semplicemente diventato parte della stanza. Non volevo mostrare i muscoli, non volevo dimostrare velocità o tecnica di alcun genere.
Non avevo nessuna intenzione aggressiva. Probabilmente non avevo nessuna intenzione e basta.
Il topo non ha sentito minacce: il mio corpo, la mia posizione ed il mio spirito, non hanno tradito alcuna volontà d'attacco.
Lui si è avvicinato ed io l'ho fermato, punto.
Nient'altro.

Non c'è stato combattimento, dunque, non ho rischiato di perdere.

Dicono che io sia bravo, ma ho sentito parlare di un altro gatto, nel paese a fianco.
Ho sentito dire che non fa assolutamente nulla.
Ho sentito che gli basta entrare dalla porta perché i topi scappino via all'istante.
Quello è l'ultimo stadio e,chissà, forse un giorno anch'io ci arriverò..."

26 luglio 2011

Tante teste, un'unica realtà

Quando si parla di Aikido Vivo si parla di forme non fisse, ma che di volta in volta si adattano alla situazione per rispettare i principi.
La domanda che ci si pone non è "Come si fa Ikkyo", ma "Perché Ikkyo funziona?"
E il come è in funzione del momento in modo da ritrovare sempre il perché.

Spesso dunque i "Come" sono diversissimi tra loro, ma quelli che si soffermano sui "Perché", invece, vedono tante cose in comune.

Voi cosa guarderete? ^_^


Luis Mochon, Granada



Thorsten Schoo, Francoforte


Gabriele Pintaudi, Palermo




Luigi Branno, Napoli


Dragisa Jocic, Berna



Patrick Cassidy, Montreux e Miles Kessler, Tel Aviv



E per ultimo, il sottoscritto.

23 luglio 2011

Nell'era del Social Inciucio

Non ho ancora capito che cos'è.
Non non ne conosco nessuna regola o meccanismo.
Non ho la più pallida idea del perché si possano inserire così pochi caratteri.
Ma fatto sta che Aikido Vivo è, da ADESSO, su Twitter.


19 luglio 2011

Musashi, la Febbre e Peppino Di Capri

Al mio primo stage con un maestro giapponese, sentii una frase che all'epoca sembrò aprirmi la mente.
"Sul tatami si dovrebbe camminare solo utilizzando gli Ashi Sabaki dell'Aikido!" disse "Ayumi Ashi,Okuri Ashi e Tsuki Ashi, in aggiunta ai vari Tenkan e Kaiten in tutte le salse, strofinando bene i piedi al suolo!"

Non vi dirò di chi sto parlando, altrimenti non potrei maledirlo pubblicamente bestemmiando le ore ( un numero incommensurabile, credetemi!) passate a muovermi come un golem sifilitico, inciampando per tutti i tappeti di casa mia!




Quando ormai mi ero abituato a camminare coi piedi piatti, ancorati al suolo, un altro maestro venne e mi corresse.
"Dal primo momento in cui si sale sul tappeto, fino al saluto finale, bisogna restare bassi sulle ginocchia e con le dita dei piedi ad uncinare il tatami!!"


Così, in breve tempo, le mie dita divennero prensili, ed i miei quadricipiti raggiunsero le dimensioni di una damigiana di vino.

Da 40 litri.





Devo ammettere che nel frattempo le mie chiappe diventavano più sode ed i miei fianchi meno morbidi...

Ma mentre il mio ego narciso cresceva satollo, allo stesso tempo notavo una diminuzione della naturalezza e della fluidità dei movimenti.

Mentre in costume sfoggiavo delle cosce da atleta, in hakama mi sentivo impacciato, arrugginito, come la pubblicità dello Svitol prima dello Svitol.

Sapete qual'è la cosa che più frega un marzialista in difficoltà?
La convinzione che la soluzione sia sempre "allenarsi di più", e non "con più intelligenza".

"Le mie gambe non sono ancora sufficientemente forti", mi dicevo "ho bisogno di più allenamento!"
E giù a correre, ad allenarmi coi pesi alle caviglie ed a fare migliaia di ashisabaki restando più basso possibile!





Niente.
Che ci crediate o no, la situazione peggiorava sempre di più!
I miei insegnanti dicevano che tutto andava bene, che ero sulla corretta Via, ma, vi assicuro, mi sentivo come se facessi Aikido immerso nel Ciobar.

Con un pianoforte in braccio.

Una sera mi toccò sostituire mio padre al corso.
Ed avevo la febbre alta....

Ricordo vividamente lo sguardo di mia madre, quando mi vide, ancora col pigiama di Pail riempire la borsa col keikogi.




Ricordo la sensazione di scendere le scale mezzo barcollante, con le gambe molli e le ginocchia che, in tutta autonomia, ballavano il Twist con Peppino Di Capri.

Mi dissi che, con tutto l'allenamento che avevo fatto, le gambe si sarebbero mosse da sole, che avrebbero sprigionato la forza necessaria per piazzarmi nelle posizioni e sostenere gli uke.

Mi sbagliavo, e non sapevo quanto.

Al primo tenchinage, non il secondo o il terzo, al PRIMO, caddi insieme al compagno.




Un misto di vergogna ed incazzamento si fusero nella mia pancia e mi accesero il volto, portando la mia temperatura ai livelli dell' "Inferno di Cristallo".

Ero lì, ero davanti ai miei compagni-allievi, e non riuscivo più a fare una tecnica?
Invece di proiettare gli uke, cadevo come un ubriacone fuori dalla cantina?




Ricominciai con più calma.
Invece di cercare di piazzare la mia base per lanciare il compagno, provai ad attaccare direttamente la sua per indebolirla, per combattere ad armi pari.
Invece posizionarmi ed agire, provai ad agire senza fermarmi, senza trovare nessuna posizione.

Incredibilmente, il mio Tenchinage, ed il mio Ikkyo, il mio Kotegaeshi, quella sera, sembravano irresistibili....
Nemmeno i più talentuosi tra i presenti riuscivano a starmi dietro: cadevano rovinosamente ancora prima di aver capito di che tecnica si trattasse.



Al momento non capii che il non piazzarmi non permetteva loro di ripiazzarsi.
Mi convinsi soltanto che lo stato febbricitante mi aveva permesso di lasciarmi possedere dallo spirito di O'Sensei, che mi era arrivato in soccorso per evitarmi ulteriori figuracce e che mi avrebbe lasciato alla prima Tachipirina.



Tempo dopo incontrai un altro Maestro.
Non disse mai cosa dovevamo fare e cosa no.
Disse semplicemente quello che faceva lui.
Ci spiegò perchè lo faceva e cosa sentiva col suo corpo mentre si muoveva in un certo modo.

Disse che un giorno, O' Sensei, gli chiese di non fare rumore strusciando i piedi sul tatami, ma di camminare leggero, come se saltellasse.
In quel tempo, O' Sensei studiava il Libro dei Cinque Anelli di Musashi, in cui si dice che strusciare i piedi è un'abitudine nata nei dojo e che farlo in mezzo alla natura equivale a sbattere costantemente contro qualcosa.
Aggiunse "Non mi piace radicarmi costantemente al suolo, non amo che il mio peso fermi le mie gambe. Preferisco sentirmi in disequilibrio e mobile, piuttosto che in equilibrio ma bloccato!"




Devo ammettere che fu una grossa ispirazione!

Ovviamente "Disequilibrio", per lui, significava non trovare la stasi nel sistema "Tori", ma restare dinamici e trovare un equilibrio unico nel sistema "Tori-Uke"...

Anni dopo, mentre tenevo uno stage, corressi un principiantissimo su come muovere i piedi per spostarsi su un lato.

Lui mi rispose "E' il mio corpo! Per favore,dimmi solo dove devo andare, so io come andarci! Altrimenti mi blocco!"

Lo ammetto. Il primo impulso fu di randellarlo come un fabbroferraio.





Poi ci pensai.....e se avesse avuto  ragione lui?

Quando ci sediamo, non facciamo calcoli sull'altezza della sedia, sulla velocità di discesa e sulla distanza tra i piedi.

Sappiamo solo che il nostro deretano deve finire sulla seduta.

Quando inciampiamo, il corpo si muove da solo e recupera l'equilibrio...
E lo fa SPONTANEAMENTE!

Non c'è tempo nè modo di pensare a come muovere i piedi per non cadere...




"Spontaneamente"......Questa è la soluzione!
Spontanei in relazione ad un obiettivo.
Ci muoviamo per andare a destra.

L'obiettivo NON E' il movimento, ma andare a destra (o a sinistra, non stiamo mica facendo politica!! ;) )

Se io vi chiedessi di alzarvi, in questo preciso momento, e di prendermi un bicchiere d'acqua, quanto tempo ci mettereste?

E se invece vi chiedessi di spostare il peso sulla gamba destra, scivolare con la sinistra di trenta cm lontano dalla sedia, cambiare l'appoggio, spingere con le anche sulla gamba e sollevarvi, raggiungere il frigo con 8 passi, aprirlo con la mano destra, prendere la bottiglia con la mano sinistra......

Ahhhhhhh......mi sa che morirei di sete!

^____________^

Ancora Yamaguchi Sensei

In un video inedito girato nel suo dojo, quello dove ha insegnato per decenni senza tatami.
Una volta un amico mi ha detto una frase che, sul momento, mi ha fatto pensare ad un improvviso attacco di demenza precoce.
Disse " Quando trovo difficoltà con un movimento, vado a riguardare come lo faceva Yamaguchi."
Ovviamente, l'idea di associare Yamaguchi, "Il genio" dell'Aikido, alla base del movimento mi ha fatto scattare più campanelli dell'antifurto del tesoro della Corona!
O quantomeno mi ha fatto pensare ad un abuso di Corona, quella spillata, con fettina di limone e sale sul bicchiere!
Quando lui aggiunge "Si, perchè lui faceva un Aikido Vivissimo, ma con uke rigidi ed impreparati!"

Continuo a pensare che lui sia folle, non dubitatene.
Ma di quella follia che a tratti sconfina nella genialità!

Un consiglio, abbassate il volume e mettete su qualcuno degli mp3 della vostra collezione....

10 luglio 2011

Osho, il sorriso ed il viaggio verso la Libertà

Da alcuni anni a questa parte sto cercando di capire cos'è la Libertà.
Badate bene: non a caso ho scritto una "L" maiuscola!

In genere tutti siamo portati a vedere la libertà in relazione a qualcosa che ci opprime.
Un vincolo, un limite, un controllo.....

Il capo, la moglie o il lavoro, per esempio.
"Non ce la faccio più, MI VOGLIO LIBERARE!"



Che vuol dire liberarsi di qualcosa o di qualcuno?
Sicuramente una grande soddisfazione momentanea, ve lo concedo.
Anzi, a volte un "Vaffa" aiuta più di una seduta dallo psicoterapeuta, ammettiamolo.

Si, ma poi?
Lasci la moglie e diventi schiavo della frivolezza, di una nuova donna o della solitudine.
Lasci il lavoro e diventi schiavo della precarietà, della cinghia stretta o semplicemente del tuo tempo libero.

C'è sempre un nuovo vincolo dietro l'angolo.
C'è sempre qualcuno a limitare il nostro perimetro, solo con la sua presenza...



Dunque cosa è la vera Libertà?
Sentirsi liberi da qualcosa che ci opprimeva è Libertà?

Ok, cambiamo la domanda.

Può qualcuno o qualcosa dall'esterno privarci della Libertà senza che noi lo vogliamo?
Io credo di no.

Corresponsabilità, segnatevi questa parola.

Libero è una questione di attitudine, secondo me.
Il punto non è liberarsi del problema.
Il punto è Liberarsi nonostante il problema.




Avete mai sentito parlare di Osho?
A vederlo in foto sembra uno di quei classici vecchietti alla Yoda, che dispensa consigli per una vita sana, in genere inapplicabili in una società come la nostra.


Nulla di più sbagliato,fidatevi di me.
Osho dispensa bastonate.
Secche e dirette alla nostra mente.
E,credetemi, non lasciano meno segni che sulla schiena...






Tra le tante, una sua frase mi ha colpito molto.

Dice, grossomodo, che nella vita qualcosa può andare storto solo a chi cerca di mettere tutto in linea.
Solo chi pianifica tutto viene spazzato via dagli imprevisti.
A chi sa che nulla è dritto, nulla di storto potrà sorprenderlo.

Pianificare ogni cosa, schematizzare ogni momento della nostra esistenza ci rende schiavi della nostra mente, della proiezione mentale di come la Vita dovrebbe essere.
E questo ci toglie la Libertà.
Ci impedisce di esistere davvero, di assaporare i gusti che ogni momento si presentano spontaneamente al nostro palato.
Buoni o cattivi che siano.




Può l'Aikido prepararci a questo? Possiamo, col nostro Keikogi e la nostra Hakama intraprendere un cammino verso la Libertà?
Forse...
Ma dipende da come ci alleniamo.
Se l'obiettivo è chiaro, l'allenamento diventa mirato...
Non possiamo pensare che il senso di tutta la pratica sia accumulare nozioni, memorizzare dettagli e recitare coreografie e al contempo credere di viaggiare verso la Libertà.



"Alleati a combattere così come vorresti combattere!" scriveva un tizio.
E quel tizio, vi dico, la sapeva lunga!

Certo, bisogna partire da un apprendistato.

Un periodo di studio delle basi, che ci darà gli strumenti per poterci esprimere...
E probabilmente in questo periodo non ci sentiremo tanto liberi...
Ma è solo una fase preparatoria!

Per un medico dura sei anni, dopo di che è autorizzato a mescolare i miei intestini col mio permesso!
E un aikidoka? Di quanto tempo ha bisogno per cominciare a cercare la propria Libertà?

Essere Liberi vuol dire diventare consapevoli di sè stessi, a partire dai gesti più semplici, ed assumersi la responsabilità di ogni scelta, di ogni cambiamento.

La Semplicità è la chiave!
Concentriamoci sulle cose semplici e tutto diventerà più chiaro.
Cominciamo a sorridere, per esempio....

"Sei stato un po' troppo serio di recente, seriamente... è tempo di lasciar perdere!
Fatti una bella risata e metti da parte i tuoi bei piani. Davvero non ne hai bisogno.
Ciò che dovrà accadere accadrà e tu hai una scelta: andarci insieme o andarci contro."(OSHO)







9 luglio 2011

Aikido Vivo dalla Germania

Indipendentemente dalla loro maniera di fare questa o quella tecnica, che io in primis posso condividere a volte di più a volte di meno, questo è perfettamente in linea con quello che io chiamo Aikido Vivo.
Molti principi, tanti esercizi propedeutici per sviluppare qualità, input tecnici ma grande libertà di espressione...
Quello più vecchio è Pascal Durchon, vecchia leva del gruppo francese che seguiva Seigo Yamaguchi Sensei.
Quello alto e pelato è Thorsten Schoo, maestro ed amico e, a mio avviso, uno dei migliori ricercatori oggi in circolazione.

Fatemi sapere che ve ne  pare...

6 luglio 2011

La leggerezza del piombo, la pesantezza della piuma (F.Russo)

Oggi lascio il microfono al mio amico ed allievo Fabio Russo.
Fabio ha cominciato parecchio tempo fa, camminando fianco a fianco con me in tutte le evoluzioni stilistiche che mi hanno portato fino a qui, passando dal rigido al fluido, dal forte al cedevole, dall'imporre all'ascoltare.


"Pesa di più un chilo di piume o un chilo di piombo?
Alzi la mano chi da bambino non abbia ricevuto questa domanda/tranello.
Ok, credo quasi tutti.

Molti di noi sono caduti nel tranello, rispondendo di istinto in questo modo "Un chilo di piombo", e tutti scoppiavamo a ridere quando il nostro
interlocutore rispondeva "Ma come!?Pesano entrambi un chilo!!!"

Assodato questo possiamo anche andare avanti.





Ora alzi la mano l'aikidoka che ha imparato la lezione.

Credo che siamo ancora in molti ad essere convinti che in aikido pesi di più un chilo di piombo.Salviamoci!!!

Sono tante le volte che vedo da spettatore o sento in prima persona il "tocco", quel contatto che tori prende con uke, dopo che quest'ultimo ha sferrato
un atemi.

Sia vederlo che praticarlo offre una sensazione stranissima, il contatto che c'è è leggerissimo, si ha l'impressione che quel contatto non sia altro
che un soffio, ma allo stesso tempo quel soffio è potentissimo, può esplodere, tutta l'intenzione di tori è lì in quel contatto che quasi non si sente.



Da spettatore devo ammettere che sembra 'poco reale', ci si chiede "Si vabbè ma non lo sta controllando proprio?" "Sì vabbè ma non può andarsene una
volta che l'atemi non ha colpito il bersaglio?", invece da praticante vi posso assicurare che allontanarsi da quel controllo è l'ultima cosa che
prenderei in considerazione, quel controllo non è importante per tori, ma è di vitale importanza per uke, è la sottile linea di confine che lo separa
da una mazziata colossale.



La sensazione che sento da parte di Tori è la sequente
                'Io sono qui, sono presente, ne sono consapevole e ne devi essere consapevole anche tu'
               
La sensazione che senta da uke è la seguente
                'Se perdo questo punto di contatto, lui espolde contro di me, gli apro i cancelli per entrare contro di me'
allo stesso tempo penso
                'Se forzo quel contatto e gli vado contro, molto probabilmente tori sarà in grado di gestire la mia opposizione,
                 gli offro uno spunto, un nuovo punto di partenza per poter lavorare e ci si ritrova al punto di partenza'

Questo non significa che un uke che si trova in quella situazione è assolutamente "morto", dipende da tanti fattori, ma per ora limitiamoci ad
evidenziare l'importanza del contatto che si stabilisce tra i due partner.

Si tratta di una leggerezza esplosiva sempre presente, uke si trova in quel contatto, sente che la presenza di tori è una piuma, ma non riesce ad
andare via, perchè quella piuma è particolare, è una piuma di piombo.




Impariamo a stabilire questo contatto con i nostri uke, vedo spesso (sono stato il primo a farlo e credo che lo faccio ancora qualche volta) tori
inchiodare uke a terra; questa forma è comunque efficace, ma è limitata, se inchiodo uke a terra di certo non ha senso riportarlo su per fare shiho nage.
Così come se il mio contatto è troppo leggero, diventa inutile, e uke può andare via tranquillamente se è buono, se è cattivo potrebbe sferrare un
altro atemi e farmi moooooolto male.

Credo che dovrremo trovare il giusto equilibrio tra la pesantezza della piuma e la leggerezza del piombo.





Grazie a tutti per la lettura, sperando nel mio piccolo di esservi stato d'aiuto." 
F.R.



4 luglio 2011

Regalino

Più volte in giro mi è stato chiesto di brandizzare il marchio AikidoVivo, facendo un pò di materiale per gli aikidoka.

Purtroppo non sono mai stato un buon commerciante...non lo diventerò adesso, mi sa.
Il magico mondo di magliette e cappellini, come quello del passaggio di soldi, resto, merce, non mi appartiene.....

Però,su insistenza di qualcuno (dovrei dire petulanza, ma nn mi sembrava cortese...;) ), ho disegnato qualche scritta facilmente stampabile.





Veramente, le avevo fatte per me..... le ho stampate e sono anche venute bene.
Il caro vecchio Decathlon offre t-shirt e cappellini di ogni specie e qualità, dai 4 euro a salire.
E le stampa, al momento, con una manciata di euro.....(circa 5, se non sbaglio!)

Diciamo che con meno di dieci euro viene fuori un prodotto carino ed originale....
Giusto per non mettere sempre addosso gli stessi marchi.
Fatemi sapere....

3 luglio 2011

Guida intergalattica per aikidoisti

L'amico Guilleme, che vive ormai da un annetto e più a Tokyo, ha stilato una guida molto esaustiva per tutti coloro che, incuranti del pericolo radiazioni, hanno voglia di allenarsi un pò all'Hombu Dojo.
Un ottimo lavoro che trovate Q U I
In inglese, ovviamente...

Il Nonno ed AikidoVivo


E' così che mi piace immaginarlo......

1 luglio 2011

Uke, il Vecchietto ed il bisogno di Vendetta

Ieri sera ho trattato, durante il corso, un argomento che ritengo di vitale importanza.

Purtroppo ci sono soltanto scivolato sopra, e stasera,invece, con "L'eprit de l'escale", mi rendo conto che avrei dovuto batterci di più.

Non solo ieri sera, intendo.

Quindi, come piccolo placet per la mia coscienza, metto per iscritto qualche riga ed obbligo i miei allievi ad impararle a memoria.

La premessa è questa:
" Se,come aikidoka, voglio attaccare qualcuno inerme, non posso farlo con una tecnica".

Cosa vuol dire?
Se sono in fila alle poste, ed il vecchietto di turno, che si aggira circospetto con ventuno bollette da pagare per  tutta la famiglia, mi frega il turno e passa avanti, io, seppur imbufalito dalla mancanza di rispetto, non posso afferrarlo e fargli shihonage.



Non è una questione etica, è proprio che MATERIALMENTE non posso.

Posso prendere un estintore e seppellirlo sotto litri di schiuma tossica, o, da buon aikidoka, posso afferrarlo per una spalla ed aprirgli in due l'alopeja con un menuchi, ma non posso utilizzare nessuna tecnica di immobilizzazione o di proiezione.

Semplicemente perchè sono risposte, non proposte.

Le possiamo utilizzare in CONSEGUENZA ad un attacco, non in SOSTITUZIONE di un attacco.

Sarebbe più o meno come iniziare una conversazione con uno sconosciuto dicendo "Bene, Grazie!"
Sufficientemente folle da mettere in fuga qualsiasi possibile interlocutore o interlocutrice, mi sa...





Cosa significa questo, in termini pratici?
Elementare ,Watson.

Vuol dire che quando attacchiamo qualcuno per fargli da uke, nel dojo, dobbiamo metterlo nelle condizioni di risponderci facendo Aikido.

L'atteggiamento di chi attacca deve essere di proposta continua, di perenne attività e di costante sollecitazione.

Attaccare e chiudersi in difesa, non aiuta.
D'altronde, se avessimo avuto paura di tori, non lo avremmo proprio attaccato, giusto?
Magari con un fucile, a distanza di sicurezza.
O gli avremmo avvelenato il caffè, alla mattina.....
Ma non possiamo afferrargli un polso, se siamo terrorizzati da una sua reazione!




All'attacco consegue una connessione ed un disequilibrio.
Il ruolo di uke è attaccare con convinzione e ricostruire la propria struttura nel disequilibrio, per mettersi nelle condizioni di attaccare ancora.
Sempre.
Sempre vuol dire "Senza smettere MAI".



E Tori? Il ruolo di Tori è quello di chiudere costantemente le proprie aperture, mantenendo Uke in condizione disorganizzata.
La caduta è il momento della libertà, non della punizione.
E' il momento in cui Uke si libera dal controllo di Tori (ammesso che Tori riesca a controllarlo, ma nn stiamo a sottilizzare!!!!!;))

E se Uke si ferma??Se si indurisce, come se fosse caduto nel vasetto di Viagra, da bambino?
Cosa deve fare Tori se Uke si congela, in stato di catatonica narcolessia?



Semplicemente nulla.
Nulla, Niente, Nada.
Aspettare che si svegli, o andare via.
La tranquillità è la chiave.
Una mente serena è la sorgente del vero Budo.

In Aikido non esiste vendetta.
Non si punisce Uke perchè prima ci aveva attaccato.
Se proprio sentite la prepotente necessità di fargli pagare questo atto di provocazione, sterminando lui e tutta la sua famiglia, semplicemente avete sbagliato disciplina....

Rivolgetevi altrove. Senza problemi e amici come prima!





L'Aikido, nella sua accezione più alta, serve a sgombrare la mente ed a purificarsi dall'odio,dal rancore, dalla negatività.

Perchè il loro pascere ed ingrandirsi nel nostro spirito, non partorisce altro che Paura.
E vivere nella Paura vuol dire non aver mai vissuto.
Parola di Jedi.